“L’ADDOLORATA”

Lungo le vie concentriche e i ripidi vicoli di Castelluccio fino all’anno scorso si snodavano le processioni del paese, sempre frequentate malgrado lo spopolamento degli ultimi quarant’anni.

Poi è arrivato il terremoto e le strade, invase di macerie, sono state transennate. Solo la memoria e la speranza, una che guarda indietro e l’altra avanti, rimangono nei castellucciani che si ostinano a venire a festeggiare quassù. Come accadrà anche quest’anno per la festa dell’Addolorata, che qui racconteremo usando i verbi al presente, come segno di continuità.

Un tempo anche per la festa dell’Addolorata, come per le altre due che la precedono (Còna e Assunzione) i santesi erano maschi, poi deve aver prevalso il buon senso e la festa viene gestita e organizzata dalle santesi.

Le santesi vengono estratte a sorte l’anno prima, nel corso della stessa ricorrenza, al termine della messa. Sono due fanciulle almeno diciottenni, di due famiglie diverse, di specchiati requisiti: giovani e vergini. Per il secondo requisito vale la presunzione d’innocenza.

Non sarebbe decoroso rifiutare l’incarico o assolverlo con tirchieria: il confronto con le santesi dell’anno prima incombe e non bisogna sfigurare. Perciò bisogna darsi da fare con la questua per racimolare un po’ di denaro, perché “la festa senza li sòrdi non viene bene”, un motto poco liturgico ma concreto. Malgrado ciò i soldi non saranno mai sufficienti e le santesi dovranno attingere dalla propria borsa.

Poi arriva il dramma di come vestirsi il giorno dell’Assunta.
“Che mi metto?”
“Ho solo qualche straccetto”
“Queste scarpe sembrano zoccoli fiamminghi!”
“Sono ingrassata sui fianchi, non mi sta più bene niente!”.
Così viene il momento di andare a rifarsi il vestito bello della festa; nei decenni la gara del guardaroba si fa sempre più dura. Dalla sarta di Castelluccio, brava a cucire i vestiti, si passa al negozio d’abbigliamento e infine c’è chi, qualche decennio fa, va a farsi bella nelle boutique romane.

Arriva la terza domenica di settembre, il giorno dell’Addolorata. Le santesi si inginocchiano su un banco addobbato solo per loro in prima fila, con una candela in mano che tengono con un fazzoletto per non scottarsi con la cera fusa. Poi la processione. Infine il rituale pranzo offerto a parenti stretti, amici e sacerdote, un tempo organizzato in casa, poi più comodamente al ristorante.

Arriva la sera e, come nelle altre feste, è il momento del “palio”. E’ un’usanza antica, comune a tante città italiane; risale al Medioevo, quando si premiava il vincitore di una gara con un drappo dipinto o ricamato. Nei tempi moderni siamo più prosaici: prima stoffe per cucirsi vestiti, poi radio e mangianastri, mobili, televisori…
I giorni prima della festa sono stati venduti i biglietti del palio, che è diventato una sorta di lotteria. Fino agli anni ’80 i numeri si scrivevano artigianalmente su bigliettini di carta, poi è arrivata l’onnipotente burocrazia, più puntuale del terremoto.
Dopo cena l’estrazione. L’ultima festa estiva è finita.

P.Lollini, 2017
(Socio Onlus, preziosa penna del nostro paese)

Foto
1949 – Processione della Madonna Pellegrina, che da Norcia fece il giro dei paesi (Archivio P.Lollini)
Altre foto – Archivio http://www.castellucciodinorciaonlus.it/wp3/gallery/; http://www.castellucciodinorcia.eu/













by Per La Vita Di Castelluccio Di Norcia Onlus il 2017-09-16 07:45:03